Con un velo di tristezza, vi racconto la lunga storia del manicomio di R.

La struttura è enorme e ha una superficie di circa 163.000 mq, di cui più di 33.000 sono occupati dai diversi padiglioni, mentre il resto è un parco.

L’ospedale psichiatrico di R. comincia la sua storia tra la fine del 700 e l’inizio dell’800.
Nato come ospedale di carità , passo a varie destinazioni d’uso durante gli anni.
Presto divenne un collegio militare, ma nel 1871 divenne a tutti gli effetti un ospedale psichiatrico.

Ad un anno dalla sua apertura, l’ospedale ospitava 234 pazienti, che portarono ben presto la struttura alle soglie della saturazione.

Alla viglia della Grande Guerra, la struttura venne ampliata ulteriormente , ma costruirono solo uno degli otto padiglioni previsti.
Giusto in tempo perché il numero massimo di ricoverati fu raggiunto durante le due Guerre Mondiali.

Tra il 1945 e il 1949 furono fatti ulteriori lavori alle strutture, fino ad arrivare alla struttura che ci si presenta oggi.

All’interno del manicomi di R. troviamo vari reparti:

    • due denominati “Chiarugi” (uno per gli uomini e uno per le donne)
    • “Marro” dove venivano ospitati gli uomini definiti “tranquilli”
    • “Tamburini” che ospitava le donne “tranquille”
    • “Morselli” dove venivano internati sia uomini che donne, con gravi patologie che necessitavano di celle di contenzione

Non era solo un luogo di reclusione e cura, ma anche un centro di studi di neurochirurgia, e venne soprannominato dalle persone del paese “la fabbrica delle idee”.

Dentro al manicomio di R. il tempo sembra sospeso.

Lunghi corridoi circondano un giardino, che è rimasto solo e desolato.

Appena entrati troviamo un carrello destinato al trasporto delle salme, e non sappiamo bene come interpretare la sensazione che ci assale.

Troviamo anche delle vasche da bagno, probabilmente destinate all’idroterapia.
Una pratica in cui il paziente viene immerso in acqua bollente o gelata per farlo calmare, e chiuso all’interno della vasca.

Al piano superiore ci sono le sale operatorie, ancora piene di attrezzature.

In una stanza, abbiamo una parete ricoperta di cassetti in legno che contengono informazioni sensibili dei pazienti.

Il manicomio di R. iniziò il suo declino dopo la legge Basaglia del 1978, che sanciva la chiusura degli ospedali psichiatrici.
Lentamente si svuotò dei suo pazienti, e la chiuse le sue porte tra glia anni ‘80 e ‘90.

Non sappiamo quali fossero le condizioni di vita dei pazienti al suo interno, e neanche quali terapie effettuassero.

All’inizio del ‘900 un luminare interno all’ospedale ipotizzò che molte delle malattie mentali, fossero dovute a tare genetiche.
Ovvero che il cranio risultava troppo piccolo per contenere il cervello.
Per questo motivi si ricorreva spesso ad interventi chirurgici per aumentarne lo spazio.
Anche l’elettroshock era molto usato, così come le camice di forza per contenere i malati.

Un inferno creato dall’uomo per gli uomini, dove si perdeva se stessi e la dignità, che non va dimenticato nonostante l’abbandono.

Se ami i manicomi abbandonati a questo link puoi vedere le mie esplorazioni.

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